Dopo un viaggio di circa 1 ora e 10 minuti da Olbia, facciamo tappa a Bonorva, Di seguito le distanze dalle principali città dell’isola: Appena arriviamo ci fermiamo incuriositi dal singolare monumento dedicato al pane Zichi, che si trova all’ingresso del paese. Si tratta di una scultura in acciaio e resina policroma, realizzata, dallo scultore Giuseppe Carta, alta oltre tre metri, che celebra il caratteristico pane di farina di grano duro che si presenta in spianate sottili, morbido o croccante, che con queste caratteristiche si produce solo a Bonorva. Rappresenta la storia e la tradizione del luogo ed è uno strumento attraverso il quale Bonorva si è sviluppata e ha consolidato la propria economia. Parcheggiamo la nostra auto e ci dirigiamo a piedi verso il centro storico. L’architettura dell’abitato di Bonorva è tipica dei borghi agro-pastorali, con viuzze strette e case con ampi cortili, che fanno rivivere momenti del passato. Andiamo prima di tutto a visitare la bellissima Chiesa parrocchiale della Natività di Maria, che si trova nel centro del paese. È stata costruita tra il 1582 e il 1606. Ha una grande navata principale con cappelle laterali e un'abside quadrangolare. La navata è divisa in cinque parti con volte a crociera. Nell'abside, c'è un'immagine della Madonna col Bambino. Le cappelle laterali hanno soffitti a botte. La facciata ha angoli decorati e un tetto a capanna. Accanto, c'è un alto campanile con tre piani quadrati nella parte inferiore e successivamente con piani ottagonali che terminano con una punta. Il rosone e il portale d'ingresso sono molto decorati. Il portale è arricchito da disegni di piante e angeli. Dopo la visita alla chiesa passeggiamo lungo il centro storico, impreziosito da una serie di murales che rappresentano la tradizione artigiana del borgo: si distingue l’arte tessile con produzione di tappeti e arazzi, caratterizzati da colori e disegni ispirati sia da modelli antichi che da tendenze moderne. Un murale in particolare attira la nostra attenzione: rappresenta due uomini a cavallo in abiti tradizionali e delle donne che portano in mano dei cesti di pane. Riconosciamo nella realizzazione un tratto stilistico che non ci è nuovo, così approfondendo, scopriamo che è stato realizzato dalla nota muralista sarda Pina Monne, che realizza murales in tutta la Sardegna. I suoi lavori raccontano il mondo agro-pastorale e la cultura millenaria che rischia di scomparire. Siamo sempre più convinti del fatto che non possiamo lasciare il paese senza aver prima assaggiato la specialità culinaria tipica di questo luogo. Vista la stagione autunnale, gustiamo un primo piatto a base di pane Zichi con antunne fresche, veramente delizioso.
Ci rimettiamo in macchina verso la meta della nostra giornata: Rebeccu. Dopo pochi chilometri imbocchiamo il bivio in salita che porta verso il paesino e notiamo quasi subito adagiata su una collina, una chiesa di chiara architettura romanica. Ci fermiamo per vederla da vicino. Si tratta della Chiesa di San Lorenzo. Edificata nel XII secolo, si distingue per la sua semplicità elegante e l’uso di materiali locali, come calcare e basalto, che creano un affascinante contrasto cromatico. La facciata, caratterizzata dal campanile a vela e dal portale architravato, conserva elementi tipici dell'architettura sarda. Nel XIX secolo la chiesa subì danni significativi, ma un restauro nel 1982 ne ha restituito parte del suo splendore, permettendo la conservazione di un patrimonio culturale fondamentale. Oggi, San Lorenzo continua a essere un simbolo della tradizione romanica rurale della Sardegna, raccontando la storia e l'evoluzione dell'arte sacra dell'isola.
Riprendiamo la nostra auto ed arriviamo finalmente a Rebeccu: un borgo sospeso su una rupe del Meilogu, a dominare la piana di Santa Lucia, isolato e popolato solo dai racconti che lo hanno reso famoso che da subito ci affascina con il suo mistero. Rebeccu, antico villaggio medievale, vanta un passato di grande prestigio, ma oggi è quasi disabitato. Fu un tempo capoluogo della curatoria di Costavalle e un punto strategico al confine fra i giudicati di Arborea e Torres. Solo poche case in pietra, alcune restaurate, una chiesa e un cimitero sconsacrato rimangono a testimoniare la sua storia, conferendo al luogo un’atmosfera inquietante e affascinante, accentuata dai racconti popolari.
Il più celebre riguarda il Re Beccu, feudatario del villaggio, e la figlia, la principessa Donoria: ritenuta una strega, allontanata dal villaggio mentre la sua dimora veniva distrutta da un rogo. Nell’abbandonarla, legata a un mulo, lanciò la ‘maledizione delle trenta case’: (“Che Rebeccu non superi mai le trenta abitazioni”). Secondo alcune versioni anche il padre lanciò il suo anatema, provocando l’avvelenamento delle numerose fonti d’acqua nei dintorni. Nel periodo giudicale, il borgo ospitava circa 400 abitanti, ma a partire dal XV secolo iniziò a spopolarsi. La leggenda narra che i pochi sopravvissuti alla maledizione fondarono Bonorva, mentre altri tentarono di ricostruire il villaggio, rispettando la “regola” delle trenta case. La storia, però, racconta che nel 1353 un distaccamento catalano proveniente da Alghero sterminò la popolazione e bruciò il borgo per suscitare la reazione del giudicato d’Arborea. Qualche decennio dopo, nella chiesa di Rebeccu fu firmato un trattato di pace tra Eleonora d’Arborea e il re d’Aragona. Andiamo a visitare proprio questa Chiesa, intitolata a Santa Giulia. A questo punto ci fermiamo nella piazza antistante la chiesa e chiediamo approfondimenti alla nostra assistente virtuale. MANU: "Ciao Mia, ci sei ?" MIA: "Ciao ragazzi, Prima di tutto vi consiglio di fare un giro per le viuzze del borgo, la cui rilevanza storica, ha dato vita anche a un’altra leggenda - oltre a quella della principessa Donoria che conoscete già: si narra che in un castello, ormai scomparso nei pressi di Rebeccu, si sia celebrato il matrimonio tra la giudicessa Eleonora d’Arborea e Brancaleone Doria. Inoltre Rebeccu per la sua un’atmosfera inquietante e affascinante allo stesso tempo è stato scelto come scenografia per film e set fotografici e per anni ha ospitato un’importante rassegna cinematografica. Poi ad appena sette chilometri da qui, potrete visitare la necropoli di SANT’ANDREA PRIU, un complesso funerario composto da venti domus de Janas risalenti al neo-eneolitico (IV-III millennio a.C.), scavate sulla parete e sul pianoro di un affioramento trachitico alto 10 metri e lungo 180. Al loro interno sono riprodotti particolari architettonici per ricreare ambienti simili alla casa del defunto. Spiccano per grandezza e stato di conservazione tre tombe, una di esse (la tomba del Capo), con ben 18 camere, è una delle sepolture ipogeiche più vaste del Mediterraneo. La necropoli fu riusata per lungo tempo: in età romana e poi bizantina la tomba del Capo fu trasformata in chiesa rupestre, una delle prime nel tempo delle persecuzioni. Più volte intonacata e affrescata con scene del Nuovo Testamento, fu intitolata a sant’Andrea. " ANDREA E MANU: "Grazie Mia!"
ANDREA: "Mia, raccontaci cosa possiamo vedere qui intorno."
Poi non potete perdervi la fonte sacra di Su Lumarzu, che si trova in un paesaggio incontaminato, sopra una sorgente attiva da millenni, che potete raggiungere a piedi percorrendo un sentiero che comincia proprio a pochi passi da qui. La struttura, ben conservata, comprende un atrio rettangolare pavimentato, con banconi-sedili, una nicchia alle pareti e una cella che raccoglie l’acqua sgorgante dalla sorgente. Costruita in basalto, presenta una copertura a tholos con un lastrone orizzontale su cui è incisa una croce latina, forse per cristianizzare un luogo di culto pagano.
Seguiamo il consiglio di Mia e ci infiliamo nel dedalo di stradine acciottolate, tra le casette, respirando un’atmosfera misteriosa. Ma il paese non è proprio deserto, anzi abbiamo la sensazione che qualcuno ci stia seguendo, già…qualcuno peloso a quattro zampe, che ci accompagnerà nel nostro tour. Stranamente l’attraversare un borgo fantasma non suscita in noi inquietudine, ma una curiosità affascinante. Le case diroccate e le strade silenziose raccontano storie di un passato sospeso nel tempo. Proviamo invece una sensazione di meraviglia, come se il borgo ci invitasse a scoprire la sua storia nascosta. Ogni angolo è un mistero da esplorare, ogni finestra rotta un'eco di vita ormai lontana. Il silenzio non è vuoto, ma carico di ricordi, e camminare tra le rovine diventa un'esperienza di scoperta, dove il passato e il presente si intrecciano in un unico respiro. La nostra giornata sta ormai volgendo al termine, così cerchiamo un punto panoramico per osservare la magia del tramonto. Oggi vi vogliamo salutare da qui, con le immagini della vallata che si apre davanti ai nostri occhi. E mentre il tramonto tinge il cielo di colori infuocati, la sua luce calda sembra risvegliare qualcosa di profondo dentro di noi. Ogni sfumatura, ogni ombra che si allunga sulla valle porta con sé l'eco di tempi lontani. Immaginiamo le figure e le gesta dei personaggi storici e leggendari che hanno abitato questi luoghi e ci sembra che il vento porti con sé i mormorii delle voci di coloro che hanno solcato queste terre.